L’insoddisfazione regna sovrana.
Il mondo del lavoro sembra essere la causa di maggiore tensione e fatica. Per altri la causa è la famiglia, ma questo è un altro discorso.
Parlando al caffè con alcuni clleghi, il risultato della conversazione è stato quantomeno stupefacente.
Nella maggioranza dei casi ci si lamentava del trattamento ricevuto dall’azienda a fronte del lavoro svolto. In pratica l’insoddisfazione riguardava lo stipendio (ovviamente) e si finiva per accusarla di non essere disponibile ad aumenti e/o riconoscimenti.
Potrei sembrare aziendalista e decisamente controcorrente, ma cerco di analizzare i fatti tenendomi lontano dall’emotività, considerando una normale situazione lavorativa e senza descutere di eventuali contese in atto.
Parto dal presupposto che un’azienda sia creata al fine di generare un utile, un guadagno e non certo per fare la ONLUS nei confronti della società e quando si è un dipendente (come lo sono io), c’è un contratto firmato che a fronte di una prestazione d’opera ci sia un corrispettivo versato.
Già questo dovrebbe essere sufficiente per chiarire le rispettive posizioni, dove un dipendente è tenuto a svolgere il lavoro assegnato al meglio delle sue possibilità al fine di ricevere il compenso pattuito… e invece no.
Preferiamo lamentarci che non siamo pagati abbastanza, che lavoriamo troppo in confronto a ciò che facciamo e che avremmo diritto a ben altro. Perchè?
Perchè dovremmo essere pagati di più o lavorare di meno?
Quando si entra in questo circolo di pensieri si tende a lavorare di meno o niente
Forse non ci è chiaro che comunque si viene pagati, pertanto l’azienda si aspetta che il lavoro assegnato venga svolto perchè siamo pagati. Punto.
Non devono esserci dubbi su questo. Siamo pagati e dobbiamo lavorare per questo. Poi ci possono essere problemi di relazione, punti aperti sull’ambiente di lavoro, sulla correttezza del compenso e sul carico di lavoro, ma tutto questo deve essere discusso in sede di contrattazione, non può essere presa una decisione unilaterale secondo cui non sono contento e faccio di testa mia.
Un contratto deve essere rispettato anche se non ci piace.
Se pensiamo ci siano ingiustizie, andiamo al tavolo della contrattazione e se siamo bravi otteniamo condizioni migliori, altrimenti scegliamo altrimenti.
Si certo, la fai facile dicendo che ci si licenzia se non ci piaciono le condizioni.
Il fatto è che si può scegliere. Sempre. Si può scegliere di rimanere alle condizioni pattuite o andarcene, ma tutto dipende da noi, anche lavorando se non soddisfatti.
Certo se si trova la giusta alternativa, bisogna avere il coraggio di alzare i tacchi e comunque smettere di lamentarsi perchè è controproducente, per noi e per l’ambiente di lavoro in cui lavoriamo.
Cambiamo il nostro modo di essere e seppelliamo la lamentela.